Il D.lgs. 42/2004, recante Codice dei beni culturali e del paesaggio, modificato dalla Legge 18 novembre 2019, n. 132 individua quei beni tutelati che costituiscono il patrimonio paesaggistico e culturale del nostro Paese.

Gli appalti che rientrano nel settore dei beni culturali di cui sopra sono disciplinati nella Parte II, Titolo VI, Capo III (artt. 145 e ss.) del D.lgs. 50/2016 nonché all’interno del relativo Regolamento D.M. 22 agosto 2017, n. 154 che stabilisce i requisiti di qualificazione che le imprese devono possedere per partecipare agli appalti pubblici di lavori rientranti in questa categoria.

La ratio di una disciplina “speciale” in relazione ai suddetti contratti pubblici trova fondamento nella finalità del regime giuridico dei beni culturali, ossia la tutela e la valorizzazione degli stessi. Obiettivo primario è quello di ridurre al minimo il rischio di deterioramento di tutti quei beni mobili e immobili elencati agli artt. 10 e ss. del D.lgs. 42/2004.

Questo il motivo principale per cui il Codice dei contratti pubblici individua una serie di disposizioni ad hoc da applicarsi nel caso in cui una Stazione Appaltante debba pubblicare una procedura di gara avente ad oggetto lavori da svolgersi presso determinati edifici, siti, luoghi aventi interesse storico-artistico.

L’esigenza di garantire che tali interventi vengano eseguiti soltanto da soggetti con peculiari competenze ed esperienze in materia è rafforzata dall’art. 146 del D.lgs. 50/2016 e dagli artt. 4 e ss. del D.M. 22 agosto 2017, n. 154 in tema di qualificazione: sono infatti individuati i requisiti generali e speciali di idoneità tecnica ed organizzativa a cui è necessario ricorrere per l’espletamento di una procedura di gara.

Le categorie di lavori, specifiche per gli appalti in questione, aventi ad oggetto lavori di importi superiori a 150.000,00 € per cui è richiesta la SOA, sono: OG 2 (Restauro e manutenzione dei beni immobili sottoposti a tutela), OS 2-A (Superfici decorate di beni immobili del patrimonio culturale e beni culturali mobili di interesse storico, artistico, archeologico ed etnoantropologico), OS 2-B (Beni culturali mobili di interesse archivistico e librario), OS25 (scavi archeologici).

Alcuni dubbi sorgono in relazione alla categoria OS24, anch’essa richiamata dal Regolamento n.154/2017. Questa categoria riguarda attività di manutenzione del verde urbano finalizzato ad un miglior uso della città, come ad es.: la sistemazione di campi sportivi, la realizzazione di recinzioni etc. ma non vi è un riferimento espresso all’interesse storico artistico; pertanto, questa categoria non sembra trovare un adeguato riscontro nel sistema di qualificazione sopra descritto anche se, la sua collocazione, ci porta a ritenere sia da riferire alla conservazione e manutenzione delle aree verdi sottoposte a tutela.

Le Stazioni Appaltanti dovranno quindi porre l’attenzione sull’edificio o sul luogo in cui dovranno essere svolti i lavori da affidare in quanto potrebbe risultare obbligatoria la scelta di una delle categorie sopra menzionate.

L’art. 146 co. 1 del D.lgs. 50/2016 ribadisce che per i lavori del capo III è necessario il possesso di requisiti di partecipazione «specifici e adeguati ad assicurare la tutela del bene», richiamando anche gli artt. 9 bis e 29 del Codice dei beni culturali. Ed è qui che si lega il co. 3 dello stesso articolo stabilendo il divieto di avvalimento di cui all’art. 89 del Codice per gli appalti in questione.

L’operatore economico che intende partecipare ad una procedura di gara avente ad oggetto lavori su beni tutelati ai sensi del D.lgs. 42/2004, dovrà quindi possedere requisiti di partecipazione in proprio non potendo fare affidamento sulle capacità organizzative, economiche e tecniche di altri soggetti.

Ma il divieto di avvalimento opera sempre? Una risposta è fornita dal Tar Lazio, Roma, sez. II-ter, con la sentenza n. 9038 del 8 luglio 2019: nel caso di specie, i lavori riguardavano la manutenzione di impianti elettrici e tecnologici da eseguire presso il Sistema dei Musei Civici di Roma. Il TAR si concentra sul fatto che l’attività di manutenzione oggetto del contratto non riguardava direttamente dei beni culturali ma doveva essere svolta in locali destinati ad accogliere (anche) beni culturali ma che, in quanto tali, non rientrano nell’ambito dei beni definiti come culturali dal d. lgs. n. 42/04 il quale, a tal fine, valorizza il bene in sé e non già il locale destinato ad accoglierlo.

Pertanto, il divieto di avvalimento, come deroga alla norma generale di cui all’art. 89 del Codice, dovrà essere valutato di volta in volta a seconda dei lavori che devono essere affidati.

Per quanto riguarda i livelli di progettazione di lavori concernenti beni culturali, descritti all’art. 147 del Codice, essi appaiono in parte più articolati rispetto a quelli dell’art. 23 (si veda in merito il co. 2 che stabilisce l’obbligo di redigere una scheda tecnica finalizzata all’individuazione delle caratteristiche del bene oggetto di intervento in sede di progetto di fattibilità) e in parte più flessibili. Il co. 4 specifica infatti che i lavori di cui al Capo III, “di regola”, devono essere affidati sulla base di un progetto esecutivo: è proprio tale precisazione – di regola – che lascia intendere che possano esistere casi in cui può essere sufficiente il progetto definitivo. Il co. 5, infatti, stabilisce che “qualora il responsabile unico del procedimento accerti che la natura e le caratteristiche del bene, ovvero il suo stato di conservazione, sono tali da non consentire l’esecuzione di analisi e rilievi esaustivi (…) può prevedere l’integrazione della progettazione in corso d’opera, il cui eventuale costo deve trovare copertura nel quadro economico.”

Inoltre, per gli affidamenti di cui all’art. 147 co. 2, è specificato che il Direttore Tecnico dell’appaltatore dovrà comunque possedere la qualifica di “restauratore” di beni culturali ai sensi della disciplina vigente.

Ulteriori indicazioni specifiche per gli appalti nel settore dei beni culturali di cui le Amministrazioni dovranno tenere conto si ritrovano all’art. 148 co. 1 che statuisce il divieto di affidamento congiunto con altre categorie di lavori relative ad opere generali e speciali, salvo in caso di motivate ed eccezionali esigenze di coordinamento dei lavori, accertate dal responsabile del procedimento. Questa “esclusività” risponde ancora una volta all’esigenza di garantire il più possibile la conservazione dei beni culturali tutelati.

Il co. 3 del sopracitato art. 148, precisa anche che in nessun caso le lavorazioni specialistiche di cui al co. 1 possono essere assorbite in altra categoria o essere omesse nell’indicazione di lavorazioni di cui si compone l’intervento, indipendentemente dall’incidenza percentuale che l’intervento specialistico assume rispetto all’importo complessivo. A questo proposito si veda la Delibera ANAC n. 643 del 4 luglio 2018: il fatto affrontato dall’Autorità riguardava proprio l’affidamento congiunto di lavori afferenti alla categoria OS2-A ricondotti interamente all’interno della categoria OG2, sul presupposto ritenuto dalla stazione appaltante che non vi fosse un obbligo di scorporo delle stesse. L’Autorità, invece, ritiene che tale previsione non sia conforme alla normativa di settore nella parte afferente agli “Appalti nel Settore dei Beni Culturali” trattandosi di lavorazione specialistica che non può essere assorbita all’interno della prevalente categoria OG2.

Pertanto, Anac conclude stabilendo che le lavorazioni di categoria OS2-A debbano essere indicate separatamente sugli atti di gara. Inoltre, ai sensi dell’art. 146 co. 3 e in quanto categoria superspecialistica ai sensi dell’art. 89 co.11, essa non è soggetta all’istituto dell’avvalimento e, superando il 10 % dell’importo contrattuale, è subappaltabile nel limite massimo del 30 % dell’importo delle opere (art. 105 co. 5).

Infine, rileva ricordare che i lavori di cui all’art. 148 co. 1 sono appaltati, di norma, a misura e che possono essere affidati con il criterio del minor prezzo qualora di importo pari o inferiore a 500.000,00 €. Tale specificazione porta a ritenere che, nei casi in cui l’importo dei lavori in questione sia superiore, si debba ricorrere alla regola generale di applicazione del criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa.

La disciplina speciale per gli appalti nel settore dei beni culturali tutelati potrebbe essere rivista con l’entrata in vigore del nuovo Regolamento di attuazione al codice dei contratti pubblici: l’art. 216 co. 27-octies stabilisce infatti che il D.M. n. 154/2017 sarà vigente fino a che non entrerà in vigore il Regolamento, disponendone l’applicazione in via transitoria.