Il 28 ottobre 2020 il Tar del Lazio ha pronunciato un’interessante sentenza su due temi che fino a questo momento non avevano ricevuto molta attenzione dalla giurisprudenza amministrativa, almeno non da quella successiva all’entrata in vigore del Codice dei Contratti Pubblici del 2016: l’istituto dell’appalto a terzi e le concessioni miste (aventi ad oggetto servizi e lavori).

Più nello specifico, il Tar Lazio si è pronunciato in merito all’impugnazione di un parere di precontenzioso rilasciato da ANAC che sosteneva l’illegittimità dell’aggiudicazione adottata da parte di una stazione appaltante nell’ambito di una procedura per l’affidamento in concessione di lavori di riqualificazione energetica, con relativa progettazione definitiva ed esecutiva, e del servizio di gestione della piscina comunale.

L’Autorità Nazionale Anticorruzione, interpellata per rilasciare un parere di precontenzioso, aveva ritenuto non conforme alla normativa la previsione contenuta nel disciplinare di gara che riconosceva al concorrente, in possesso dei requisiti di qualificazione necessari allo svolgimento del servizio, la possibilità di appaltare interamente a terzi i servizi tecnici e le lavorazioni previste negli atti di gara .

La stazione appaltante, non condividendo l’orientamento di ANAC, ha perciò impugnato il parere, rilevando come l’art. 95 comma 3 del DPR 207/2010 potesse trovare applicazione nel caso di specie (avrebbe dunque consentito all’aspirante concessionario non in possesso dei requisiti richiesti per l’esecuzione di lavori, di farli eseguire da altri soggetti qualificati), dato che si trattava di una concessione “mista”, di servizi e lavori. Secondo la stazione appaltante, ragionando diversamente – cioè aderendo all’interpretazione data da ANAC e ritenendo non applicabile al caso di specie l’art. 95 comma 3 – si arriverebbe a legittimare una diversità di trattamento tra concessionari di lavori e concessionari di servizi. Un altro argomento contestato dalla stazione appaltante è l’esclusione – paventata da ANAC – dell’applicabilità dell’art. 1 comma 2 lettera d) del D. LGS. n. 50/2016 alla concessione in questione, visto che i lavori affidati a terzi erano strettamente strumentali alla gestione del servizio e avevano ad oggetto opere pubbliche che sarebbero diventate di proprietà dell’amministrazione aggiudicatrice.

Il Tar Lazio, con la sentenza della Sez. I, n. 10997 del 28/10/2020, ha accolto il ricorso ed ha annullato il parere di precontenzioso, definendo il perimetro delle concessioni miste e dell’appalto a terzi.

Il giudice amministrativo del Lazio, da un lato, ha chiarito di non aderire ad un’interpretazione letterale e formalistica dell’art. 95 comma 3 del D.P.R. n. 207/2010, ma di ritenere applicabile quest’ultima norma anche alle concessioni miste, fondando tale assunto sulla derivazione europea della normativa codicistica. Ritiene cioè che non possa essere ignorato il fatto che la Direttiva UE 2014/23 (in attuazione della quale è stato adottato nel nostro ordinamento il Codice dei Contratti Pubblici, il D. Lgs. n. 50/2016) comprenda nel suo novero anche le concessioni di servizi e non più solo quelle di lavori, e che, perciò, l’interpretazione prospettata dall’ANAC porterebbe ad una illogica discriminazione tra concessioni di lavori e concessioni di servizi o miste. Se la finalità dell’art. 95 comma 3 era ed è quella << di favorire la concorrenza, ampliando la platea dei partecipanti a una concessione di lavori (…) , non si comprenderebbe la logica di una situazione ove, in una concessione di servizi (o mista) in cui la componente dei lavori può essere una parte residuale ma pur sempre “contrattuale” – come indubbiamente nel caso di specie – il concorrente dovrebbe comunque possedere i requisiti richiesti per poter eseguire i lavori, salva la (sola) possibilità di subappalto – e non di “appalto a terzi” – nei limiti dati dalla norma su una quota parte (salva evoluzione normativa e giurisprudenziale in atto sul punto ma non ancora definita). Si verrebbe, così, a vanificare la condivisibile impostazione di fondo orientata a favorire la concorrenza, che oggi non ha motivo di restare ancorata alle sole concessioni di lavori, alla luce dell’evoluzione normativa eurounitaria di cui alla ricordata direttiva 2014/23/UE >>.

Il Tar Lazio ha rilevato altresì che l’art. 28 comma 1 del Codice relativo ai contratti misti di appalto, quando statuisce che << L’operatore economico che concorre alla procedura di affidamento di un contratto misto deve possedere i requisiti di qualificazione e capacità prescritti dal presente codice per ciascuna prestazione di lavori, servizi, forniture prevista dal contratto…>>, non esclude la possibilità di possedere i requisiti in questione tramite affidamento a terzi con le forme dell’evidenza pubblica.

Infine, in ordine all’interpretazione e all’applicabilità dell’art. 1 comma 2 lettera d) del Codice, il Collegio ha affermato – sulla falsariga dei motivi addotti dalla stazione appaltante ricorrente – che questa norma comprende anche << l’ipotesi in cui il concessionario di servizi intenda affidare a terzi i lavori oggetto della concessione mista, se questi sono funzionali alla gestione del servizio stesso e inerenti a realizzare lavori comunque destinati a diventare di proprietà pubblica , come nel caso di specie, laddove il concessionario intende e dichiara di volere operare con l’affidamento di un appalto a terzi, da aggiudicare ai sensi delle procedure di evidenza pubblica di cui all’attuale Codice >>.

Al di là del caso di specie, il Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio con questa sentenza ha compiuto – per la prima volta nella giurisprudenza amministrativa post Codice del 2016 – una disamina e una “ricostruzione” dell’istituto dell’appalto a terzi e degli ambiti nei quali questo può essere utilizzato, rilevando la vigenza e l’applicabilità del combinato disposto delle norme di cui all’art. 1 comma 2 lett. d) del Codice e all’art. 95 comma 3 del D.P.R. n. 207/2010, che consentono << la possibilità, in una concessione mista, di affidare a terzi gli appalti dei lavori strumentali alla relativa gestione del servizio prevalente con affidamento nel rispetto delle disposizioni del Codice stesso >>.