Il tema del subappalto è particolarmente critico nel mondo degli appalti italiani, basti pensare alla procedura di infrazione che la Corte di Giustizia Europea ha avviato nei confronti del nostro paese (procedura di Infrazione n. 2018/2273; si richiamano anche le sentenze CGUE 26 settembre 2019, C-63/18; CGUE, 27 novembre 2019, C-402/18), in relazione al limite generalizzato del subappalto fissato al 30% (fino al 31/06/2021 innalzato al 40%) dall’art. 105 del D.Lgs. 50/2016.
Un’altra questione incerta è quella del cosiddetto “subappalto frazionato”, oggetto della sentenza del Consiglio di Stato n. 3702 del 10 giugno 2020.
Ma cosa si intende per subappalto frazionato? Per rispondere a questa domanda, dobbiamo innanzitutto chiarire il concetto di “subappalto necessario” o “qualificante”, per cui se un concorrente non è in possesso di tutti i requisiti di partecipazione richiesti in una gara può subappaltare parte dell’esecuzione, anche in termini di apporto dei requisiti, a un altro operatore economico qualificato per quella parte di attività. Questo modus operandi è molto diffuso nelle gare di lavori in riferimento alle categorie scorporabili a qualificazione obbligatoria. Il limite quantitativo al subappalto necessario è la percentuale massima subappaltabile che come abbiamo già ricordato è, al momento, fissata al 40% dell’importo complessivo del contratto. Ciò significa che se l’importo della categoria scorporabile rientra in questo 40% può essere subappaltata per l’intero suo importo a un soggetto qualificato per la sua esecuzione (a meno che non si tratti di una categoria superspecialistica avente incidenza superiore al 10% dell’importo del contratto o singolarmente di importo pari superiore a € 150.000, per la quale il limite subappaltabile scende al 30% del suo stesso importo).
Va inoltre tenuto in considerazione quanto prevsito dall’art. 92 co. 1 del D.P.R 2017/2010 (ancora in vigore), in base al quale “Il concorrente singolo può partecipare alla gara qualora sia in possesso dei requisiti economico-finanziari e tecnico-organizzativi relativi alla categoria prevalente per l’importo totale dei lavori ovvero sia in possesso dei requisiti relativi alla categoria prevalente e alle categorie scorporabili per i singoli importi. I requisiti relativi alle categorie scorporabili non posseduti dall’impresa devono da questa essere posseduti con riferimento alla categoria prevalente”. Ciò significa che in caso di subappalto necessario di una categoria scorporabile a soggetto qualificato, il concorrente può apportare i requisiti solo in relazione alla categoria prevalente ma per un importo pari al valore complessivo dell’appalto e non solo della prevalente.
Ma cosa succede se i soggetti qualificati ad eseguire la categoria subappaltata sono più di uno, che raggiungono la qualificazione richiesta per la scorporabile mediante la somma dei requisiti posseduti da ciascuno di essi non possedendoli nessuno per intero? Analogamente, se il concorrente è qualificato per eseguire la categoria scorporabile solo in parte, può subappaltarne solo la parte di cui è “carente” a un soggetto qualificato solo parzialmente? Si realizzerebbe in questo modo un frazionamento dei requisiti tra più soggetti al fine di raggiungere il livello minimo di qualificazione richiesto dalla Stazione Appaltante. La risposta a queste domande, come in molti altri casi quando ci si muove all’interno della contrattualistica pubblica, non è certa.
La questione è stata affrontata dalla sentenza del Consiglio di Stato richiamata a inizio articolo, nella quale viene operato un excursus della normativa sia italiana che eurounitaria in materia, richiamando anche gli orientamenti della Corte di Giustizia Europea.
Per cercare di trovare un fondamento alla legittimità del subappalto frazionato, il giudice amministrativo tenta un parallelismo con l’avvalimento frazionato, che dopo vari contrasti con la Corte di Giustizia Europea è ora ammesso anche all’interno dell’ordinamento italiano, sia per lavori che servizi e forniture, al pari dell’avvalimento plurimo. Ci si può domandare quindi perché il frazionamento dei requisiti tra più operatori economici e il loro cumulo per il raggiungimento della soglia minima fissata dalla Stazione Appaltante siano ammessi a livello di avvalimento ma non di subappalto.
Il giudice sottolinea: << […] le pur obiettive differenze strutturali che intercorrono tra i due istituti (l’avvalimento rileva nella fase di implementazione dei requisiti di partecipazione ad una gara; il subappalto, posto “a valle” del contratto di appalto, attiene alla sua esecuzione) non elidono la loro comune connotazione quali moduli organizzativi alternativamente idonei a garantire l’ampliamento della possibilità di partecipazione alle gare anche a soggetti in apice sforniti dei requisiti di partecipazione (cfr. ex multis, Cons. Stato, sez. IV, n. 2675/2014 e n. 1224/2014; CGUE, 5 aprile 2017, C-298/15, punti 47 e ss.; CGUE, 14 gennaio 2016, C-234/14, punto 28; CGUE, 10 ottobre 2013, C 94/12, punto 31). La Corte di Giustizia riconosce che il ricorso al subappalto, favorendo l’accesso delle piccole e medie imprese agli appalti pubblici, contribuisce, al pari dell’avvalimento, a realizzare l’obiettivo di rendere la concorrenza la più ampia possibile (CGUE, 26 settembre 2019, C-63/18, punto 27 e CGUE, 27 novembre 2019, C-402/18, punto 39) […]
È lecito chiedersi, a questo punto, se le residuali differenze che pure in questa specifica ipotesi permangono tra i due istituti giustifichino un’impostazione divergente anche con riguardo alla possibilità di frazionamento dei requisiti tra più imprese ausiliarie. Detta facoltà – non espressamente contemplata in materia di subappalto – è invece prevista dal vigente codice degli appalti in materia di avvalimento, in quanto l’attuale art. 89, comma 6, del D.Lgs. n. 50 del 2016, in linea con gli indirizzi espressi in tema dalla Corte di Giustizia, ammette “l’avvalimento di più imprese ausiliarie” >>.
Al di là delle riflessioni svolte nell’ambito della sentenza, il giudice amministrativo rileva la non chiarezza della normativa interna sul punto e, considerata la situazione di incertezza esistente, ha rimesso la questione circa l’ammissibilità o meno del subappalto frazionato alla Corte di Giustizia Europea, ponendo il seguente quesito:
<< Se gli articoli 63 e 71 della direttiva 2014/24 del Parlamento europeo e del Consiglio del 26 febbraio 2014, unitamente ai principi di libertà di stabilimento e di libera prestazione di servizi, di cui agli articoli 49 e 56 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea (TFUE), ostino ad una interpretazione della normativa nazionale italiana in materia di subappalto necessario secondo la quale il concorrente sprovvisto della qualificazione obbligatoria in una o più categorie scorporabili non può integrare il requisito mancante facendo ricorso a più imprese subappaltatrici, ovvero cumulando gli importi per i quali queste ultime risultano qualificate >>.
Restiamo in attesa della pronuncia della Corte per avere un’indicazione il più possibile chiara su questo argomento.