Le Stazioni appaltanti sono tenute ad effettuare opportune verifiche al fine di accertare la veridicità di quanto dichiarato dagli operatori economici in fase di partecipazione ad una procedura di gara, in particolare circa il possesso dei requisiti generali stabiliti dall’art. 80 del D. Lgs. n. 50/2016 e ss.mm.ii (d’ora in poi Codice).

Queste verifiche hanno come fine quello di garantire la legittimità delle procedure di affidamento di lavori, beni e servizi pubblici, da un lato, ed un elevato livello di certezza del diritto, dall’altro.

Il comma 3 del suddetto articolo individua i soggetti nei cui confronti operano le cause di esclusione previste dai precedenti commi 1 e 2 – e sui quali quindi devono essere effettuati i controlli – in base alla forma giuridica dell’operatore economico.

Un tema dibattuto è quello inerente al socio persona giuridica: quando e come devono essere oggetto di controllo?

Il socio persona fisica è richiamato da questa fattispecie astratta quando parla dei controlli sulle società a socio unico, ma, al contrario, nell’articolo 80 comma 3 del Codice non si parla mai di socio persona giuridica.

Peraltro, ci si è sempre interrogati sul se un controllo di tal fatta possa discendere comunque da questa previsione, laddove si afferma: << ovvero del socio di maggioranza in caso di società con un numero di soci pari o inferiore a quattro, se si tratta di altro tipo di società o consorzio >>.

La situazione è controversa poiché da sempre si oppongono due orientamenti, e ciò finisce per ripercuotersi, nella prassi, sulle stazioni appaltanti, che devono decidere se estendere i controlli anche ai soci non persone fisiche e, di conseguenza, se richiedere in gara agli operatori le dichiarazioni sul possesso dei requisiti di ordine generale rispetto a tali soggetti.

Da un lato vi è una parte della dottrina e della giurisprudenza che sostiene che per le stazioni appaltanti sia opportuno verificare anche le persone giuridiche, in quanto se il fine del Codice è quello di assicurare legalità e trasparenza nei procedimenti degli appalti pubblici, occorre garantire l’integrità morale del concorrente sia se persona fisica che persona giuridica.

Dall’altro lato vi è chi ha sempre sostenuto che le persone giuridiche non sarebbero da sottoporre a controllo, appellandosi ad un’interpretazione strettamente letterale della norma, ma anche al fatto che nel caso di socio persona fisica vi è un rapporto di immedesimazione organica tra il soggetto interessato e l’impresa concorrente[1].

Nel 2017 avevamo pubblicato nel nostro sito un articolo su questo tema, nel quale sostenevamo l’affermarsi della prima tesi tra la giurisprudenza, sull’onda della sentenza n. 2813 del 23 giugno 2016 del Consiglio di Stato.

Nel frattempo, accanto alla normativa in materia di appalti in continua evoluzione, sembra essere mutato – almeno in parte – l’atteggiamento della giurisprudenza.

La sentenza n. 124 del Tar Piemonte, Torino, sez. I, del 29 gennaio 2018, ad esempio, sembra “scalfire” la risolutezza dell’orientamento sopra citato del massimo organo della giustizia amministrativa in Italia, pur non prendendo una decisione di segno radicalmente opposto.

Difatti, il Tar Piemonte afferma che tale orientamento << non può ritenersi univoco e consolidato, sussistendo anche un orientamento secondo il quale «non appare in alcun modo equiparabile la posizione del socio unico persona fisica a quella del legale rappresentante di socio unico persona giuridica» (Cons. St., sez. V, 27 agosto 2014, n. 4372; id 1593/2016; 3619/2017)[2] >>.

A sostegno di questo orientamento del Tar Piemonte e del Consiglio di Stato occorre rilevare altresì la sentenza n. 179/2016 del Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana, secondo cui << sarebbe illogico estendere gli obblighi in discussione al caso del socio di maggioranza persona giuridica quando la stessa norma, per il caso di socio unico, li richiede per la sola persona fisica[3] >>.

Questa linea interpretativa trova supporto anche nel principio di tassatività delle cause di esclusione e il correlato principio di una loro “stretta interpretazione”, senza possibilità di estensione analogica, in quanto limitative della libertà di concorrenza[4].

Ancora più recentemente, il Consiglio di Stato si è pronunciato proprio con riferimento al caso del socio unico persona giuridica, con la sentenza n. 5782, sez. V, del 02/10/2020.

Senza molti giri di parole, la V sezione del Consiglio di Stato ha affermato che la disposizione dell’art. 80, comma 3, non è riferita o riferibile al socio unico persona giuridica.

Richiamando la giurisprudenza nella vigenza del d.lgs. n. 163 del 2006, ha rilevato come già in quel momento (tranne che nell’isolato precedente di Cons. Stato, sez. V, 30 giugno 2017, n. 3178) fosse prevalente l’orientamento che limitava l’obbligo dichiarativo al socio unico persona fisica, e come tale limitazione sia stata ribadita e rafforzata a seguito dell’entrata in vigore del nuovo Codice dei contratti pubblici[5].

Il Collegio conclude poi affermando di ritenere preferibile il citato orientamento, anche e soprattutto in ragione della lettera della disposizione, da intendersi di stretta interpretazione, e in coerenza con il principio di tassatività delle cause di esclusione[6].

In conclusione, dopo questa breve analisi delle pronunce più recenti della giurisprudenza sul tema, appare pacifico che al momento non si possa considerare la disposizione dell’art. 80 comma 3 come riferita o riferibile al socio unico persona giuridica.

Al contrario, è stata rimessa in discussione – rispetto alle conclusioni a cui quattro anni fa era arrivato anche il Consiglio di Stato – la questione inerente al caso del socio di maggioranza persona giuridica in società con un numero di soci pari o inferiore a quattro, rimettendo così alle stazioni appaltanti la delicata decisione sul se controllare o meno anche quest’ultimo soggetto.

Tuttavia, non appare improbabile che la giurisprudenza, vista l’interpretazione maggioritaria sul caso del socio unico, decida di seguire il mutato orientamento, sempre che nel frattempo non intervenga il legislatore a modificare nuovamente il quadro. Non ci resta che aspettare.


[1] In merito vedi anche l’atto di segnalazione ANAC che espone bene la problematica = https://www.anticorruzione.it/portal/public/classic/AttivitaAutorita/AttiDellAutorita/_Atto?ca=7383

[2] In effetti con tale sentenza (la n. 3619/2017) il Consiglio di Stato ha affermato che << nonostante una recente contraria, ma isolata, pronuncia di questo Consiglio di Stato (sez. V, 30 giugno 2017, n. 3178), la consolidata giurisprudenza di questo Consiglio afferma che la previsione dell’art. 38, comma 1, lett. c), al riguardo, è rigorosa e tassativa, sicché «non appare in alcun modo equiparabile la posizione del socio unico persona fisica a quella del legale rappresentante di socio unico persona giuridica» (Cons. St., sez. V, 27 agosto 2014, n. 4372).

[3] Il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana ha osservato infatti che l’interpretazione opposta “darebbe luogo ad un’inammissibile ed insostenibile aporia: il socio unico persona giuridica … non dovrebbe presentare dichiarazioni, mentre dovrebbe farlo il (mero) socio di maggioranza persona giuridica”.

[4] cfr., C.d.S., Sez. V^, sentenza n. 2064/2013, e da ultimo TRGA Trento n. 319/2017.

[5] cfr. Cons. Stato, V, 20 novembre 2019, n. 7922

[6] Cfr. sentenza n. 5782, sez. V, del 02/10/2020: << In coerenza con il principio di tassatività delle cause di esclusione e con l’inequivoca portata della disposizione dell’art. 80, questa Sezione ha già affermato che qualora il socio non rientri nell’ambito soggettivo individuato dal terzo comma dell’art. 80, non è obbligato a rendere alcuna dichiarazione neppure ai fini di cui al comma 5, lett. c) del d.lgs. n. 50 del 2016, “dovendosi ritenere che la presenza di eventuali “gravi illeciti professionali” possa assumere rilevanza ai fini dell’esclusione dalla gara solamente quando gli stessi siano riferiti direttamente all’operatore economico o ai soggetti individuati dall’art. 80, comma 3, del medesimo decreto” (così testualmente Cons. Stato, V, 8 aprile 2019, n. 2279, che ha escluso l’obbligo dichiarativo in un caso analogo al presente) >>.