Il nuovo Codice dei Contratti pubblici dedica una parte generale alla codificazione di principi. Come è stato rilevato in dottrina[1], «la scrittura dei principi in un testo, concepito per la pubblica amministrazione, trasfonde nel testo stesso un valore giuridico che spesso va oltre le parole, creando un “eccesso di significato”, che s’irradia nella determinazione e nella comprensione di tutta la materia codificata; questo per vari fattori: anzitutto per l’efficacia dei principi stessi nell’ordinamento giuridico, e, poi, per quanto è insito nella scrittura stessa, ovvero, per l’espressione di una certa cultura giuridica. Ne viene una conseguenza fondamentale: la forza ordinante del principio sulla materia codificata. Con la conseguenza finale che quella forza giuridica non solo determina la materia, ma la spiega e la orienta nei suoi sviluppi successivi, quanto a validità e interpretazione».

Più precisamente, è il Titolo I della Parte I del Codice che codifica i principi generali: principio del risultato (art. 1), principio della fiducia (art. 2), principio dell’accesso al mercato (art. 3), principi di buona fede e di tutela dell’affidamento (art. 5), principi di solidarietà e di sussidiarietà orizzontale (art. 6), principio di auto-organizzazione amministrativa (art. 7), principio di autonomia contrattuale (art. 8), principio di conservazione dell’equilibrio contrattuale (art. 9), principi di tassatività delle cause di esclusione e di massima partecipazione (art. 10), principio di applicazione dei contratti collettivi nazionali di settore (art. 11).

In questo rinnovato quadro normativo, di fondamentale importanza risulta essere l’innovativa introduzione dei principi del risultato, della fiducia e dell’accesso al mercato che vengono espressamente richiamati (all’art. 4) come criteri di interpretazione delle altre norme del codice.

Il principio del risultato

Il nuovo Codice pone nell’articolo di esordio il principio del risultato, corroborandone così la pregnanza. Il risultato, inteso dal comma 1 come “affidamento del contratto e della sua esecuzione con la massima tempestività e il migliore rapporto possibile tra qualità e prezzo, nel rispetto dei principi di legalità, trasparenza e concorrenza”, costituisce la finalità principale che le stazioni appaltanti e gli enti concedenti devono perseguire nello svolgimento delle loro funzioni. In dottrina[2] si è osservato che per evitare distorte chiavi di lettura della disposizione – che vedano il valore preminente nella rapidità dell’affidamento, a discapito della validità della scelta – merita richiamare l’attenzione sull’espresso richiamo operato dal comma in parola, sia alla “qualità” che al rispetto dei principi di “legalità, trasparenza e concorrenza”.

Al comma 2 si stabilisce però che “la concorrenza tra gli operatori economici è funzionale a conseguire il miglior risultato possibile nell’affidare ed eseguire i contratti”, collegando così, nella prospettiva del legislatore, il risultato, inteso come fine, alla concorrenza, intesa come metodo[3].

Del rapporto – e del necessario bilanciamento – tra principio di concorrenza e principio del risultato possono essere date, dunque, diverse interpretazioni[4]. Un’interpretazione più formalistica – e più coerente con lo spirito dichiarato della riforma – vedrebbe il principio di concorrenza come mero strumento e metodo per addivenire al risultato, con la conseguente necessaria “retrocessione” di questo principio nell’applicazione concreta delle norme previste dal nuovo Codice dei contratti pubblici.

Un’interpretazione diversa potrebbe essere quella che inquadra comunque il principio di concorrenza come principio guida del sistema dei contratti pubblici, perché principio fondamentale a livello euro-unitario, e perciò sovraordinato a quello nazionale e quindi da considerare come preminente nel bilanciamento con gli altri principi, risultato compreso.

In sintesi, i giudici amministrativi si troveranno ad interpretare ed applicare le nuove norme con l’onere di definire un bilanciamento tra i due principi sopra menzionati, oscillando tra la vecchia logica dell’iper- procedimentalizzazione della gara e la nuova logica del raggiungimento del risultato come unico obiettivo.

Sempre al comma 2 si specifica poi che “La trasparenza è funzionale alla massima semplicità e celerità nella corretta applicazione delle regole del (…) «codice» e ne assicura la piena verificabilità”: in quest’ottica, la logica del risultato, mediante la definizione degli obiettivi e il controllo trasparente sull’attività dell’amministrazione, costituisce un mezzo per assicurare la verificabilità, in una visione di crescente efficienza e responsabilizzazione delle pubbliche amministrazioni[5].

Al comma 3 si stabilisce che il principio del risultato costituisce “attuazione, nel settore dei contratti pubblici, del principio del buon andamento e dei correlati principi di efficienza, efficacia ed economicità” ed è perseguito “nell’interesse della comunità e per il raggiungimento degli obiettivi dell’Unione europea”. Cogliendo il riferimento della norma al buon andamento, in dottrina si è sottolineato come “il testo possa designare un pertinente richiamo all’ordinamento italiano classico e all’interesse dell’amministrazione, inteso non come esigenza particolare della stazione appaltante (interesse pubblico specifico), bensì come interesse prevalente in quanto interesse del soggetto pubblico, che è chiamato a garantire il meglio alla collettività”[6].

Infine, al comma 4 si chiarisce che il principio del risultato costituisce “criterio prioritario per l’esercizio del potere discrezionale e per l’individuazione della regola del caso concreto” delineando così una sorta di principio-guida allo scopo di semplificare la complessità della materia figlia della stratificazione normativa[7]. Il principio del risultato costituisce criterio prioritario anche “per valutare la responsabilità del personale che svolge funzioni amministrative o tecniche nelle fasi di programmazione, progettazione, affidamento ed esecuzione dei contratti”, e questo allo scopo di contrastare fenomeni di burocrazia difensiva[8]. Infine, il principio del risultato costituisce criterio prioritario “per attribuire gli incentivi secondo le modalità previste dalla contrattazione collettiva”.

Il principio della fiducia

L’articolo 2 del Codice è dedicato all’innovativo principio della fiducia.

Al comma 1 si afferma che “L’attribuzione e l’esercizio del potere nel settore dei contratti pubblici si fonda sul principio della reciproca fiducia nell’azione legittima, trasparente e corretta dell’amministrazione, dei suoi funzionari e degli operatori economici”. Con questa previsione il legislatore ha voluto ricostituire un clima di fiducia nel sistema[9].

Al comma 2 si stabilisce che il principio della fiducia “favorisce e valorizza l’iniziativa e l’autonomia decisionale dei funzionari pubblici, con particolare riferimento alle valutazioni e alle scelte per l’acquisizione e l’esecuzione delle prestazioni secondo il principio del risultato”. Si delineano così i contorni del principio in parola: la fiducia che l’ordinamento riconosce ai funzionari pubblici è propedeutica al conseguimento del risultato di cui all’art. 1.

Il comma 3 stabilisce che nell’ambito “delle attività svolte nelle fasi di programmazione, progettazione, affidamento ed esecuzione dei contratti, ai fini della responsabilità amministrativa costituisce colpa grave la violazione di norme di diritto e degli auto-vincoli amministrativi, nonché la palese violazione di regole di prudenza, perizia e diligenza e l’omissione delle cautele, verifiche ed informazioni preventive normalmente richieste nell’attività amministrativa, in quanto esigibili nei confronti dell’agente pubblico in base alle specifiche competenze e in relazione al caso concreto”. In dottrina, rilevando la natura ambigua della norma, si è detto che il testo, in pratica, lascia alla giurisprudenza il temperamento tra la rapidità del procedimento, che condurrebbe alla riduzione delle cautele, verifiche ed informazioni preventive richieste nell’attività amministrativa, e la palese violazione delle regole di prudenza, perizia e diligenza che comporterebbero una attività istruttoria più complessa[10].

Si specifica poi che “la violazione o l’omissione determinata dal riferimento a indirizzi giurisprudenziali prevalenti o a pareri delle autorità competenti” non costituisce colpa grave. Siccome in passato il labile confine tra colpa grave e colpa lieve ha generato incertezze interpretative, con la norma in commento si è cercato di dare una perimetrazione al concetto di colpa grave codificando il diritto vivente formatosi nell’ambito delle sezioni giurisprudenziali della Corte dei conti[11].

In conclusione, il comma 4 prevede che al fine di “promuovere la fiducia nell’azione legittima, trasparente e corretta dell’amministrazione, le stazioni appaltanti e gli enti concedenti adottano azioni per la copertura assicurativa dei rischi per il personale, nonché per riqualificare le stazioni appaltanti e per rafforzare e dare valore alle capacità professionali dei dipendenti”.

Il principio dell’accesso al mercato

L’articolo 3 codifica il principio dell’accesso al mercato in questi termini: “Le stazioni appaltanti e gli enti concedenti favoriscono, secondo le modalità indicate dal codice, l’accesso al mercato degli operatori economici nel rispetto dei principi di concorrenza, di imparzialità, di non discriminazione, di pubblicità e trasparenza, di proporzionalità”.

Il principio in parola risponde, dunque, alla necessità di conservare e implementare un mercato concorrenziale che assicuri agli operatori economici pari opportunità di accesso ai contratti pubblici, e rappresenta, allo stesso tempo, un risultato che le stazioni appaltanti e gli enti concedenti devono perseguire mediante la funzionalizzazione dei principi più generali richiamati[12].

 

In questa prima disamina dei principi generali alla base del nuovo Codice dei Contratti pubblici ci siamo soffermati sui principi del risultato, della fiducia e dell’accesso al mercato poiché presentano, come si è avuto modo di segnalare, i connotati di veri e propri criteri direttivi dell’agire delle stazioni appaltanti e degli enti concedenti.  Gli altri principi generali codificati saranno trattati nel prossimo articolo di approfondimento.

 

[1] Vedi A. Cioffi, “Prima lettura del nuovo Codice dei contratti e dei suoi tre principi fondamentali”, apertacontrada.it, 16 gennaio 2023.

[2] Vedi M. A. Sandulli, “Riflessioni sullo Schema del nuovo Codice dei contratti pubblici”, lamministrativista.it, 13 febbraio 2023.

[3] Vedi «Schema definitivo di Codice dei contratti pubblici in attuazione dell’articolo 1 della legge 21 giugno 2022, n. 78, recante “Delega al Governo in materia di contratti pubblici”, III – Relazione agli articoli e agli allegati», Consiglio di Stato, 7 dicembre 2022, p. 13.

[4] Sul tema vedi anche S. Perongini, “Il principio del risultato e il principio di concorrenza nello schema definitivo di codice dei contratti pubblici, relazione svolta dall’autore nel convegno “Il contenzioso in materia di contratti pubblici ed appalti nel quadro di un’analisi socio-giuridica” organizzato dall’Ufficio studi e formazione della Giustizia Amministrativa in collaborazione con il TAR per l’Emilia-Romagna e la SPISA – Università di Bologna, 14 e 15 dicembre 2022, p. 8 ss.

[5] Vedi Relazione, p. 13

[6] Vedi A. Cioffi, “Prima lettura del nuovo Codice dei contratti e dei suoi tre principi fondamentali”, cit.

[7] Vedi Relazione, p. 14.

[8] Ibidem.

[9] Vedi Relazione, p. 15.

[10] Vedi M. A. Sandulli, “Riflessioni sullo Schema del nuovo Codice dei contratti pubblici”, cit.

[11] Vedi Relazione, p. 15.

[12] Ibidem.