La Direzione regionale Lombardia dell’Agenzia delle Entrate ha recentemente – 13 settembre 2018 n. 976-571 – risposto ad un interpello concernente l’obbligo di applicazione del bollo sui contratti che vengono stipulati con le pubbliche amministrazioni attraverso il Mepa.
A richiedere l’interpello era stata un’Università pubblica, al fine di ottenere chiarimenti sulla propria funzione di vigilanza rispetto all’imposta e su come avrebbe dovuto essere applicato l’orientamento della risoluzione n. 96/E/2013 emanata in vigenza del D. Lgs. 163/2006 e del relativo D.P.R. 207/2010.
Quest’ultima risoluzione aveva acclarato l’assoggettamento a imposta di bollo delle transazioni Mepa, perché riteneva il documento di stipula sottoscritto digitalmente soltanto dalla Pubblica Amministrazione, un contratto non classificabile tra quelli conclusi con uno “scambio di corrispondenza” secondo l’uso del commercio e per i quali l’imposta è dovuta solamente in caso d’uso.
Nel 2013 era ancora in vigore l’art. 139 del D.P.R. n. 207/2010, il quale stabiliva che l’imposta di bollo dovesse essere a carico del fornitore.
A decorrere dal 19 Aprile del 2016 invece, tale norma è stata abrogata, e le norme del D. Lgs. n. 50/2016 non chiariscono se l’obbligo del pagamento dell’imposta di bollo debba ricadere in capo al fornitore senza che sulla pubblica amministrazione, operante in veste di stazione appaltante, debbano determinarsi condizioni di applicazione del principio di solidarietà nell’adempimento della predetta imposta.
Con il parere n. n. 976-571 l’Agenzia afferma che l’imposta di bollo è a carico esclusivamente dei fornitori solamente nel caso in cui la stazione appaltante sia una amministrazione dello Stato (v. art. 8 del D.P.R. n. 642/1972), mentre quando questa è un’amministrazione pubblica diversa dallo Stato deve essere applicato l’art. 22 del D.P.R. n. 642/1972: “Sono obbligati in solido per il pagamento dell’imposta e delle eventuali sanzioni amministrative: tutte le parti che sottoscrivono, ricevono, accettano o negoziano atti, documenti o registri non in regola con le disposizioni del presente decreto ovvero li enunciano o li allegano ad altri atti o documenti”.
Riassumendo, dunque, si ritiene che tale principio abbia impatto generale e che trovi applicazione in tutti i contratti di acquisti di beni e servizi in qualunque forma stipulati (analogica o digitale) che vedano parte come stazioni appaltanti le Pubbliche Amministrazioni diverse dalle amministrazioni dello Stato.
Peraltro, resta incertezza sulla modalità di assolvimento del bollo: l’Agenzia ha ribadito l’inapplicabilità dell’art. 6 del D.M. del 17 giugno 2014, dedicato ai documenti informatici fiscalmente rilevanti (libri, registri, fatture), mantenendo la possibilità per la P.A. di assolvere l’imposta di bollo in modo virtuale[1], oppure di comprovare l’assolvimento dell’imposta indicando nel documento inviato il codice numerico composto da 14 cifre rilevabili dal contrassegno telematico (risoluzione n. 89/E/2016) rilasciato dall’intermediario.
In sintesi, l’Agenzia delle Entrate ha sostanzialmente affermato che, nell’acquisto di beni e servizi tramite Mercato Elettronico della Pubblica Amministrazione, è dovuta l’imposta di bollo anche se resta incerta la modalità di assolvimento e le Pubbliche Amministrazioni stazioni appaltanti non hanno solo una funzione di vigilanza sul regolare adempimento del fornitore, ma sono solidalmente responsabili (articolo 22, D.p.r. 642/1972), in quanto solo alle amministrazioni dello Stato compete l’esenzione con obbligazione esclusiva a carico dei fornitori.
[1] Cfr. interpello: “l’interessato deve presentare agli uffici dell’Agenzia delle Entrate territorialmente competenti apposita richiesta di autorizzazione, nonché porre in essere gli adempimenti richiesti dall’articolo 15 del D.P.R. n. 642 del 1972”.