Il tema è tanto ricorrente quanto problematico, tant’è che nel 2017 l’A.N.AC. è intervenuta pubblicando le Linee guida n. 8 “Ricorso a procedure negoziate senza previa pubblicazione di un bando nel caso di forniture e servizi ritenuti infungibili”.
In premessa merita ricordare che il concetto di esclusività ed infungibilità non sono sinonimi riportando la distinzione evidenziata dall’ Autorità: “ […]l’esclusiva attiene all’esistenza di privative industriali, secondo cui solo il titolare di un diritto di esclusiva (brevetto)può sfruttare economicamente un certo prodotto o servizio, mentre un bene o servizio è infungibile se è l’unico che può garantire il soddisfacimento di un certo bisogno. […] Un bene o servizio può essere infungibile, anche se non vi è alcun brevetto sullo stesso”.
Nel caso di infungibilità come sopra descritto, purchè adeguatamente accertato e motivato dall’Amministrazione (cfr. Corte di giustizia europea sentenza 8 aprile 2008, causa C-337/05), il legislatore ammette una deroga al ricorso a gare ad evidenza pubblica, indipendentemente dall’importo dell’affidamento, data l’esistenza di un unico operatore economico in grado di soddisfare i bisogni del committente.
È l’art. 63, comma 2, lett. b) del Codice dei Contratti Pubblici a consentire lo svolgimento di una procedura negoziata senza previa pubblicazione del bando di gara, solo in casi tassativi ivi previsti, tra i quali l’ipotesi in cui i lavori, le forniture o i servizi possono essere forniti unicamente da un determinato operatore economico in quanto la concorrenza è assente per motivi tecnici. Tale eccezione, puntualizza la norma, si applica “solo quando non esistono altri operatori economici o soluzioni alternative ragionevoli e l’assenza di concorrenza non è il risultato di una limitazione artificiale dei parametri dell’appalto“.
Per la normativa sopra richiamata il ricorso alla procedura negoziata senza bando è quindi giustificato esclusivamente nel caso in cui l’esistenza di un unico operatore economico in grado di fornire l’oggetto di aggiudicazione dipenda da un monopolio naturale, e non quando il rapporto di esclusività viene in qualche modo “creato” dall’Amministrazione.
L’infungibilità derivante da scelte fatte in passato dal contraente e/o da un comportamento strategico da parte dell’operatore economico è definito nella letteratura economica e antitrust con il termine di lock-in.
Questo fenomeno, molto diffuso nel settore dell’ICT (ma non solo), si manifesta quando per l’Amministrazione diventa difficile alla scadenza contrattuale cambiare fornitore. Le ragioni più frequenti che portano al lock – in riguardano il corposo investimento sostenuto inizialmente dall’Amministrazione che andrebbe perduto con un cambio di fornitore, l’alto costo necessario per la formazione del personale all’utilizzo di un nuovo e diverso prodotto, l’onerosità relativa alla migrazione di dati, il possesso da parte dell’affidatario di un’approfondita conoscenza delle esigenze dell’Amministrazione e dell’esclusiva su pezzi di ricambio o materiali di consumo.
L’Autorità individua nella corretta programmazione e progettazione degli affidamenti la modalità migliore per minimizzare il rischio di lock-in. Nel valutare le soluzioni possibili per soddisfare i propri fabbisogni, anche tramite consultazioni preliminari di mercato ex art. 66 del Codice dei Contratti Pubblici, l’Amministrazione dovrebbe considerare l’intero ciclo di vita del prodotto/servizio e non solo l’immediata utilizzabilità dello stesso.
La recente giurisprudenza sul tema (cfr. Tar Lombardia, sez. IV, 21/02/2018, n. 500; Tar Toscana, Firenze , Sez. III , 12/07/2019 , n.1080; Tar Lazio, Roma, Sez. I, 06/11/2019, n. 12735) si è sempre espressa in maniera univoca richiedendo all’Amministrazione una rigorosa valutazione dell’effettiva infungibilità dell’oggetto dell’affidamento prima di ricorrere alla procedura ex art. 63 del Codice dei Contratti Pubblici e confermando che la condizione di lock-in non costituisce ragione valida per andare in deroga al principio generale della libera concorrenza.
Da ultimo il Consiglio di Stato, Sez. V, con sentenza del 20 novembre 2020, n. 7239, ha ribadito come il ricorso alla negoziata senza previa pubblicazione di bando sia ammissibile soltanto nel caso di beni infungibili: “In tale condizione, infatti, per l’assenza di mercato, lo svolgimento di una procedura di gara aperta alla concorrenza sarebbe un inutile spreco di tempo, contrastante con il principio di efficienza ed economicità dell’azione amministrativa”.
I giudici di Palazzo Spada, affrontando il caso di specie precisano che “[…]se un’amministrazione si trova in una condizione di lock – in il bene non è infungibile perché non vi sono altri operatori sul mercato in grado di fornire beni altrettanto idonei a soddisfare le sue esigenze, ma è infingibile perché tale appare all’amministrazione che avverte la gravità economica del cambio di operatore”.
L’amministrazione si trova per l’appunto “bloccata” in una condizione in cui da un lato il passaggio ad altro fornitore appare estremamente costoso, ma dall’altro la mancata apertura alla concorrenza incide negativamente sul prezzo di acquisto e sulla possibilità di accesso a nuove tecnologie.
Non a caso l’A.N.AC. fornisce indicazioni nelle proprie Linee Guida perché le Amministrazioni non si ritrovino nella condizione di lock-in, che come abbiamo visto limita ingiustamente la concorrenza e a lungo termine comporta inefficienze per l’Amministrazione.