La Commissione speciale del Consiglio di Stato del 20 agosto 2018 n. 02052 ha reso un parere all’ANAC, nell’ambito della procedura di aggiornamento delle linee guida per l’affidamento dei servizi ad enti del terzo settore ed ai servizi sociali, con il quale ha provato a definire quale sia la normativa applicabile agli affidamenti di servizi sociali, e quindi a dirimere i rapporti tra le disposizioni del D.lgs. n. 50 del 2016 (c.d. Codice dei Contratti), come modificato dal D.lgs. n. 56 del 2017, e quelle del D.lgs. n. 117 del 2017 (c.d. Codice del Terzo Settore).

In buona sostanza il Consiglio di Stato ha chiarito che le procedure di affidamento alle associazioni regolate dagli articoli 56-58 del codice del terzo settore sono da considerare appalti di servizi sociali e perciò, nel rispetto dei principi enunciati dai trattati e direttive europee sulla concorrenza, sono da ricondurre nella disciplina del Codice dei Contratti, eccezion fatta per i casi di procedure non selettive o di affidamenti a titolo gratuito.

Ma facciamo un passo indietro.

L’ANAC, nel formulare il quesito, aveva segnalato l’esistenza di numerosi “dubbi interpretativi” e di posizioni contrastanti di diversi stakeholder e del Ministero del Lavoro, i quali avevano teorizzato l’esclusione dall’applicazione del Codice dei contratti pubblici di ampi settori di attività affidati agli organismi del terzo settore, lasciando aperta la possibilità di affidamenti di servizi sociali senza gara ad associazioni di volontariato sulla base delle disposizioni del D.lgs. n. 117 del 2017.

Dubbi interpretativi “ereditati” anche dalla circostanza che in vigenza del precedente Codice D.Lgs. 163/2006 gli appalti per l’affidamento dei servizi sociali erano parzialmente esclusi dalla sua applicazione, in quanto facenti parte dell’Allegato IIB. Va invece notato che nell’attuale quadro normativo gli appalti per l’affidamento di servizi sociali rientrano nell’Allegato IX al quale si applica in toto il nuovo Codice dei Contratti Pubblici, a parte qualche deroga espressa di fatto non particolarmente rilevante.

Il parere che stiamo esaminando pone un freno a questi approcci ermeneutici, evidenziando che, nelle maggior parte dei casi, occorre invece porre in essere le procedure selettive previste dal Codice dei Contratti, non essendo sufficiente che i soggetti destinatari di affidamenti pubblici siano soggettivamente qualificabili come enti del Terzo settore.

Per i Giudici di Palazzo spada infatti, se la prestazione richiesta ha una rilevanza economica nel mercato, le caratteristiche soggettive dell’affidatario non rilevano, dato che per impresa si deve intendere l’organismo << che esercita un’attività economica, offrendo beni e servizi su un determinato mercato, a prescindere dal suo status giuridico e dalle sue modalità di finanziamento[1] >>, come sancito dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea con sentenza del 23 aprile 1991, causa C – 41/90, Höfner.

L’affidamento di servizi sociali deve perciò rispettare la normativa a tutela della concorrenza imposta dalle disposizioni europee, in attuazione delle quali è stato adottato il Codice dei Contratti.

Di conseguenza, i servizi sociali aventi rilevanza economica si affidano applicando le seguenti disposizioni del Codice dei Contratti: l’art. 140 (per i settori speciali) e gli articoli 142, 143 e 144 (per i settori ordinari) se di valore superiore alle soglie comunitarie; per gli appalti sotto soglia sono applicabili le procedure semplificate previste dall’art. 36.

Peraltro, vi sono dei casi tassativi nei quali si può sfuggire dalla sfera di regolazione di origine euro-unitaria, e perciò pure dall’applicazione del Codice dei Contratti, ovvero genericamente quando:

<< – la procedura disciplinata dal diritto interno non abbia carattere selettivo;

– non tenda, neppure prospetticamente, all’affidamento di un servizio sociale;

– la procedura disciplinata dal diritto interno miri sì all’affidamento ad un ente di diritto privato di un servizio sociale che, tuttavia, l’ente affidatario svolgerà a titolo integralmente gratuito >>.

I primi due punti – rileva il Consiglio di Stato – << sono un corollario delle finalità del diritto europeo: questo, invero, tende all’apertura del mercato e, pertanto, non si protende per così dire all’indietro a disciplinare modalità di contatto fra Amministrazione e soggetti privati prive di carattere selettivo e non tese all’affidamento, neanche solo prospettico, di un servizio >>.

Nello specifico, un esempio della prima tipologia è quello che i giudici di Palazzo Spada definiscono “accreditamento libero”, ovvero una specie di abilitazione dei soggetti operanti nel Terzo settore a svolgere certi servizi, senza che se ne selezionino solo alcuni tra i tanti possibili per rendere quel servizio.

Allo stesso modo, i partenariati possono sfuggire all’applicazione del Codice dei Contratti solo se non selettivi.

Le disposizioni del D. Lgs. 50/2016 non si applicano neppure nei casi di affidamenti gratuiti in senso stretto, ovvero quando le prestazioni svolte dal soggetto del Terzo settore siano un arricchimento per i destinatari e comportino un effettivo depauperamento patrimoniale del soggetto che espleta il servizio.  Ciò significa che, al fine di identificare un affidamento come “gratuito”, sono ammissibili solo rimborsi a piè di lista dei costi vivi sostenuti dall’esecutore, senza remunerazione alcuna di altri costi.

Peraltro, nello stesso parere si avverte che gli affidamenti gratuiti debbano essere ben ponderati.

A tal proposito infatti la Commissione ribadisce che, nelle ipotesi in cui la gratuità sia considerata esimente dalla applicazione del codice, ciò non di meno essa << costituisce, in sé, un vulnus al meccanismo del libero mercato ove operano imprenditori che forniscono i medesimi servizi a scopo di lucro e dunque in maniera economica mirando al profitto. La motivazione della scelta quindi non solo è opportuna, ma deve considerarsi condicio sine qua non per l’esercizio di un tale potere >>.

Per questa ragione e sulla base dei criteri, le Amministrazioni devono di volta in volta motivare la scelta di ricorrere ai procedimenti delineati dal Codice del Terzo settore invece che all’indizione di una gara d’appalto ai sensi del Codice dei Contratti.

 

[1] Cfr. Consiglio di Stato, parere n. 1405 del 14 giugno 2017, relativo allo schema di decreto sul Terzo settore.