Un tema molto spesso al centro dell’attenzione in materia di appalti pubblici è quello dell’operato della commissione giudicatrice nelle procedure di gara aggiudicate con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa.

Vediamo insieme alcune delle più recenti sentenze che riguardano proprio questo argomento.

A distanza di un solo giorno, il Consiglio di Stato ed il Tar Veneto si sono pronunciati proprio sull’operato della commissione giudicatrice, sebbene per tematiche diverse.

Partiamo innanzitutto dalla sentenza del Consiglio di Stato, Sez. III, 18/05/2021, n. 3847 nella quale viene affrontato il tema della variazione della composizione delle commissioni giudicatrici.

Nell’ambito di una procedura di gara svolta in favore degli Enti del Servizio Sanitario Regionale della Lombardia, un concorrente lamentava la modifica della composizione della Commissione in corso di valutazione delle offerte, sostenendo quindi che non sarebbe stata garantita la collegialità perfetta dell’organo né l’unitarietà dei lavori.

Secondo l’appellante, tale modifica avrebbe comportato l’alterazione delle operazioni di valutazione svolte dalla Commissione, con il necessario annullamento dell’aggiudicazione e di conseguenza della procedura di gara.

Il Consiglio di Stato risponde che “la censura è tuttavia destituita di fondamento perché, se è vero che la commissione giudicatrice di gare d’appalto è un collegio perfetto, che deve operare, in quanto tale, in pienezza della sua composizione e non con la maggioranza dei suoi componenti, con la conseguenza che le operazioni di gara propriamente valutative, come la fissazione dei criteri di massima e la valutazione delle offerte, non possono essere delegate a singoli membri o a sottocommissioni (Cons. St., sez. V, 6 luglio 2018, n. 4143), è anche vero che la sostituzione di un suo componente – come è avvenuto nel caso di specie – non impone la integrale rinnovazione delle operazioni di gara già svolte, che rimangono valide, ben potendo il nuovo componente, come si è verificato in questa vicenda, […] fare proprie le valutazioni delle offerte già esaminate dalla Commissione nella precedente composizione e procedere nella disamina delle offerte non ancora valutate e nell’assegnazione dei punteggi finali.”

Richiamando la sentenza il Cons. St., sez. III, 6 agosto 2018, n. 4830, viene sottolineato che non esiste nel nostro ordinamento un principio assoluto di unicità od immodificabilità delle commissioni giudicatrici, poiché tale principio è destinato ad incontrare deroghe ogni volta vi sia un caso di indisponibilità da parte di uno dei componenti della commissione a svolgere le proprie funzioni”.

Prosegue “Questo Consiglio di Stato ha statuito, infatti, che i «membri delle commissioni di gara […] possono essere sostituiti in relazione ad esigenze di rapidità e continuità della azione amministrativa» (Cons. St., sez. V, 3 dicembre 2010, n. 8400), configurandosi la sostituzione come «un provvedimento di ordinaria amministrazione necessario a garantire il corretto funzionamento e la continuità delle operazioni» (Cons. St., sez. V, 5 novembre 2009, n. 6872).”

Ne consegue che l’operato della commissione giudicatrice è stato ritenuto legittimo.

Passiamo adesso al Tar Veneto, Sez. III, 19/05/2021, n. 670, il quale si è trovato nuovamente ad esprimersi sull’operato della commissione giudicatrice, ma in questo caso sulle modalità di attribuzione dei punteggi da parte dei commissari e sui tempi impiegati per le valutazioni.

Nell’ambito di una procedura aperta per l’affidamento in concessione della  gestione globale della struttura residenziale per anziani, la ricorrente lamentava che “a fronte di oggettive diversità tra le offerte in esame, hanno assegnato il medesimo punteggio sia alla ricorrente che all’aggiudicataria per 8 sub criteri (su un totale di 26) e hanno attribuito un identico coefficiente di valutazione per 18 sub criteri all’offerta della ricorrente e per 14 sub criteri all’offerta dell’aggiudicataria, circostanza che avrebbe determinato la mancanza di autonomia di valutazione discrezionale richiesta per ciascun Commissario, anche tenendo conto dei differenti curricula dei medesimi”.

Ripercorrendo un’oramai consolidata giurisprudenza in materia (si vedano Cons. St., sez. III, 6 novembre 2019, n. 7595; Cons. St., sez. V, 24 marzo 2014, n. 1428; Cons. st., sez. V, 17 dicembre 2015, n. 517), il Collegio dichiara legittima l’attribuzione da parte dei commissari di punteggi identici, la quale potrebbe essere banalmente spiegata come “una fisiologica evoluzione del confronto dialettico svoltosi in seno a tale organo”.

Il Collegio rafforza tra l’altro la propria posizione sottolineando che nel caso in esame non c’è stata unanimità di giudizio per ogni sub-criterio, ma solo in relazione a 8 sub-criteri su 26 previsti dalla documentazione di gara, i Commissari hanno reso identico giudizio sia in relazione all’offerta della ricorrente che per quella presentata dall’aggiudicataria.

La ricorrente lamentava inoltre la scarsità del tempo impiegato per la valutazione delle due offerte, avvenuta in “sole” 5 ore e 42 muniti. A tal proposito sosteneva che tale tempistica sarebbe stata chiaramente insufficiente, “minando la serietà e attendibilità delle valutazioni con conseguente illegittimità delle stesse”.

Anche questa seconda censura non ha trovato accoglimento da parte del Tar, il quale ha ripreso il principio condiviso dalla giurisprudenza più diffusa (da ultimo, TAR Calabria, Catanzaro, sez. I, 9 febbraio 2021, n. 266) per cui “nelle gare d’appalto il tempo impiegato dalla Commissione giudicatrice nelle operazioni di scrutinio non è un elemento che, di per sé, può invalidare i giudizi conclusivi, la cui logicità e ragionevolezza devono essere valutate sulla base di quanto oggettivamente espresso negli atti contestati. […] Infatti, la brevità del tempo impiegato per la valutazione di un’offerta (come di un elaborato concorsuale) può dipendere da molteplici fattori quali, ad esempio, le particolari doti, anche di sintesi, dei commissari, l’efficienza nell’organizzazione dei lavori della commissione, l’utilizzo di modelli precompilati, la rilevazione ictu oculi delle peculiari caratteristiche delle offerte presentate. […] Ne segue quale logica conseguenza che la parte non può limitarsi a contestare la brevità del tempo impiegato dalla commissione per esaminare l’offerta, ma deve necessariamente accompagnare tale contestazione con più significative censure sul risultato finale della valutazione della commissione (Consiglio di Stato, sez. V, 21 febbraio 2020, n. 1323).”.