Con l’entrata in vigore del D.Lgs. 50/2016 si è riproposta la necessità di delimitare tre istituti codicistici che presentano tra di loro alcune similitudini ma anche numerose differenze e che spesso vengono confusi dalle Stazioni Appaltanti: la proroga, il rinnovo, la ripetizione di prestazioni analoghe.

L’opzione di proroga, cosiddetta “tecnica”, è attualmente normata dall’art. 106 co. 11 del Codice ed è identificata come “proroga limitata al tempo strettamente necessario alla conclusione delle procedure necessarie per l’individuazione di un nuovo contraente. In tal caso il contraente è tenuto all’esecuzione delle prestazioni previste nel contratto agli stessi prezzi, patti e condizioni o più favorevoli per la stazione appaltante”. La proroga per poter essere attivata dalla Stazione Appaltante deve essere stata prevista a monte, all’interno degli atti della gara originaria, anche al fine di calcolare correttamente il valore dell’appalto che, ai sensi dell’art. 35 co. 4 del Codice, deve tener conto di tutte le opzioni previste. Il valore dell’appalto è quello che definisce se un appalto si pone al di sopra o al di sotto della soglia comunitaria e in relazione al quale va acquisito il CIG. L’appaltatore è sempre tenuto a eseguire la proroga nel momento in cui viene attivata.

La proroga può essere prevista nell’ambito di qualsiasi tipologia di procedura (aperta, negoziata, anche affidamento diretto) purché, come già accennato, venga prevista e quantificata fin dall’avvio della procedura originaria. Non si dovrebbe però abusare del ricorso alla proroga, in quanto la sua attivazione dovrebbe avere carattere eccezionale e non essere la regola con cui colmare dei vuoti che si verrebbero a creare tra la scadenza di un contratto e l’individuazione del nuovo aggiudicatario, dal momento che la procedura per la sua individuazione dovrebbe sempre essere attivata per tempo da parte dell’Amministrazione. È pacifico inoltre che la proroga possa essere attivata solo prima della scadenza del contratto e non successivamente risolvendosi altrimenti in un nuovo affidamento diretto, e che all’atto della sua attivazione vada indetta la nuova procedura.

Ma quale può essere la durata massima della proroga? Nel Codice non si trovano indicazioni in tal senso, fatta salva la generica indicazione del “tempo strettamente necessario alla conclusione delle procedure necessarie per l’individuazione di un nuovo contraente”. Per rispondere a questa domanda dobbiamo riferirci all’art. 23 della legge 62/2005 (Legge comunitaria 2004) che recita: “I contratti per acquisti e forniture di beni e servizi, già scaduti o che vengano a scadere nei sei mesi successivi alla data di entrata in vigore della presente legge, possono essere prorogati per il tempo necessario alla stipula dei nuovi contratti a seguito di espletamento di gare ad evidenza pubblica a condizione che la proroga non superi comunque i sei mesi e che il bando di gara venga pubblicato entro e non oltre novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge”.

Secondo l’ANAC il termine di sei mesi individuato nella predetta norma è ancora applicabile; nella deliberazione n. 384 del 17 aprile 2018, l’Autorità stabilisce infatti che il riferimento legislativo è esistente e non ha cessato di produrre i propri effetti e la sua rilevanza “è notevole, perché costituisce il risultato di una procedura di infrazione avviata dalla Commissione europea nei confronti del nostro Paese per violazione degli articoli 43 e 49 del Trattato CE ad opera della normativa nazionale”.

Cosa diversa è il rinnovo: l’art. 35 co. 4 del Codice contiene la parola “rinnovo” e questo ha fatto sorgere vari dubbi su cosa si dovesse intendere, considerando che in vigenza del Codice De Lise questo istituto veniva fatto coincidere con la ripetizione di servizi analoghi prevista all’art. 57 co. 5 lett. b). Ad oggi, la ripetizione dei servizi (e lavori) analoghi si trova all’art. 63 co. 5) del Codice. Qual è quindi la differenza con il rinnovo?

Il rinnovo consiste nella sottoscrizione di un nuovo contratto con il precedente affidatario, da realizzarsi agli stessi patti dell’originario, senza possibilità di rivedere le condizioni di esecuzione e neppure quelle economiche. Anche in questo caso va attivato entro la scadenza del contratto originario previo preavviso all’appaltatore, che però può anche rifiutarsi. Anche se non specificato dalla norma, riteniamo che il rinnovo possa essere attivato solo nell’ambito di procedure ordinarie indette con bando, in quanto di fatto è una limitazione della concorrenza e quindi deve esserne garantita la massima pubblicità nell’ambito di una procedura aperta a tutti gli operatori in possesso dei requisiti di partecipazione richiesti. Il rinnovo non può essere tacito e va sempre previsto negli atti della gara originaria anche al fine di quantificare in maniera corretta il valore dell’appalto, sia per l’acquisizione del CIG che per individuare se la procedura è sopra o sotto soglia.

Qual è la durata di un rinnovo contrattuale? Trattandosi di un rinnovo agli stessi patti e condizioni, la sua durata non può eccedere quella del contratto originario. Conferma di ciò si trova anche nei Bandi Tipo Anac, ove è scritto: La stazione appaltante si riserva la facoltà di rinnovare il contratto, alle medesime condizioni, per una durata pari a ……[indicare una durata non superiore a quella del contratto iniziale], per un importo di € ……………..……, al netto di Iva e/o di altre imposte e contributi di legge, nonché degli oneri per la sicurezza dovuti a rischi da interferenze”.

Caso ancora diverso è quello della ripetizione di servizi e lavori analoghi, prevista dall’art. 63 co. 5 del Codice che è una forma di procedura negoziata senza previa pubblicazione di un bando di gara. Ora che il rinnovo è previsto quale istituto a se stante, in cosa consiste la ripetizione? Servizi e lavori analoghi sono prestazioni simili a quelle oggetto del contratto ma diverse e ulteriori, quindi non identiche. Pensiamo ad esempio al caso di un appalto di global service che prevede la gestione di alcuni edifici, ma l’Amministrazione prevede che in caso di ripetizione del contratto potranno entrare nella gestione anche altri immobili e anche eventuali servizi o lavori complementari; all’interno del progetto della procedura originaria l’Amministrazione dovrà prevedere la possibilità di attivare questa opzione, indicando l’ambito di esecuzione delle prestazioni analoghe ed eventualmente anche di quelle complementari oltre che la loro quantificazione economica ai fini del calcolo del corretto valore dell’appalto. Il Codice nel caso dei servizi e lavori analoghi pone vincoli precisi: possono essere previsti solo nell’ambito di una procedura ordinaria di cui all’art. 59 co. 1 (gare aperte, ristrette, partenariato per l’innovazione, dialogo competitivo) e possono essere attivati solo nel triennio successivo alla stipulazione del contratto di appalto inziale; quindi anche qualora il contratto originario abbia una durata superiore a 3 anni, la decisione, che rimane sempre opzionale per la Stazione Appaltante, di attivare la ripetizione deve essere presa entro il triennio. Ragion per cui si suggerisce di fissare sempre una durata massima triennale dei contratti alla cui scadenza è prevista l’opzione di cui all’art. 63 co. 5 del Codice. Anche in questo caso l’intenzione di procedere con la ripetizione deve essere notificata all’appaltatore che può declinare la richiesta.

La durata massima di questa opzione non è definita a livello normativa e anche i Bandi Tipo Anac non forniscono indicazioni in merito, ma si suggerisce anche in questo caso di prevedere quale durata massima quella del contratto originario.