Alcuni mesi fa, in un nostro articolo, avevamo dato conto della sentenza n. 10997/2020 del 28 ottobre 2020 resa dal Tar Lazio in merito all’applicabilità dell’istituto dell’appalto a terzi nelle concessioni miste. Il Tar si pronunciava su un ricorso avverso un parere di precontenzioso dell’Anac che, in sintesi, riteneva non applicabile l’istituto dell’appalto a terzi alle concessioni miste.

Il Tar Lazio, adottando una lettura estensiva della normativa vigente, aveva infatti accolto il ricorso del comune e annullato il parere di precontenzioso, osservando che la posizione assunta da ANAC scaturiva da una lettura formalistica delle norme di riferimento e comportava una illogica discriminazione tra le concessioni di lavori e le concessioni di servizi (e miste). Il Tar Lazio concludeva quindi che, ai sensi del combinato disposto dell’art. 1, comma 2, lett. d), del d.lgs. n. 50 del 2016 e dell’art. 95, comma 3, del d.P.R. 5 ottobre 2010, n. 207, è legittimo, in una concessione mista, ricorrere all’affidamento a terzi degli appalti strumentali alla gestione del servizio prevalente. La sentenza all’epoca in cui è uscita è stata considerata “innovativa” di una fattispecie non coperta da norme puntuali a seguito del passaggio dal vecchio Codice alla nuova normativa, considerando inoltre il crescente interesse per le concessioni e i PPP nell’attuale panorama pubblico.

In questo contesto, in data 8 novembre la sezione quinta del Consiglio di Stato si è pronunciata, con sentenza n. 07417, sul ricorso in appello proposto da Anac in cui chiedeva l’annullamento della sentenza di primo grado per violazione e falsa applicazione degli artt.1, 28, 83, 105, 174, 164 e 177 del d.lgs. 50/2016 e dell’art. 95 del d.P.R. 207/2010; erronea ricostruzione dei fatti; vizio di motivazione.

Il Consiglio di Stato, dopo aver esaminato la questione, conclude in modo totalmente opposto rispetto al giudice di prima istanza, accogliendo il ricorso di Anac e confermando quanto asserito dall’Autorità nel suo parere.

In particolare, il Consiglio di Stato rileva che la ricostruzione del primo giudice si basa su un’interpretazione forzata del disposto letterale di tutte le norme ivi considerate, con una ratio “antisistematica”: “Nello specifico, l’art. 95, comma 3, d.P.R. 207/2010 regola espressamente gli affidamenti relativi alle concessioni di lavori, mentre il primo giudice lo ha applicato a una fattispecie relativa a una concessione mista, di servizi e di lavori. La direttiva 2014/23 è infatti confluita nel d.lgs. 50/2016. Sicché, nella stessa prospettiva del primo giudice, è nell’ambito di tale contesto regolatorio che dovrebbe rinvenirsi una norma legittimante la possibilità del concessionario di servizi e di lavori di non qualificarsi per questi ultimi dichiarando di appaltarli a terzi. Ma la sentenza impugnata non riesce a individuare una siffatta norma, né la sua carenza può essere interpretata come un vuoto normativo colmabile con le previsioni della lex specialis”.

Secondo il Consiglio di Stato, nel D.lgs. 50/2016 non sono presenti disposizioni che possono essere interpretate nel senso di consentire, nelle concessioni miste o di servizi,  l’appalto a terzi in relazione a lavori già previsti dalla lex di gara, per i quali sono stati definiti requisiti di partecipazione ad hoc: l’attuale Codice impone quindi al concorrente, già all’atto di partecipazione alla gara, la dimostrazione delle capacità necessarie a eseguire “tutte” le prestazioni dedotte in contratto, o possedendo in proprio i requisiti richiesti oppure mediante il ricorso all’ATI con un soggetto che a sua volta le possiede, o ancora ricorrendo all’avvalimento.

La sentenza in discussione pone di nuovo l’attenzione sulla qualificazione dei concorrenti nelle procedure di affidamento di concessioni miste e di servizi, fermo restando che nelle concessioni di lavori non viene messa in discussione la possibilità per un concorrente, in possesso dei soli requisiti per la gestione del servizio, di dichiarare in gara di appaltare a terzi i lavori previsti, come indicato all’art. 95 del D.P.R. 207/2010 ss.mm.ii. tuttora applicabile in via transitoria[1]. Si riscontra quindi una sorta di “disparità di trattamento” tra le tipologie di concessioni (di lavori da un lato, di servizi e miste dall’altro) che si è creata nel momento in cui il legislatore comunitario ha ricondotto anche le concessioni di servizi nell’alveo delle disposizioni che regolano i contratti pubblici, a cui però non è seguita l’adozione di una normativa che regoli in maniera puntuale tutti gli aspetti della materia.

Alla luce del sempre maggiore ricorso da parte della P.A. alle concessioni e alle altre forme di PPP, per garantirne la massima efficacia e aumentare al contempo la concorrenza, auspichiamo che in futuro l’istituto dell’appalto a terzi venga regolamentato ed esteso anche alle concessioni di servizi e miste, adottando le misure necessarie a garantire la correttezza procedurale e il controllo da parte della Stazione Appaltante sugli affidamenti del concessionario.

[1]Art. 95 Requisiti del concessionario:

  1. I soggetti che intendono partecipare alle gare per l’affidamento di concessione di lavori pubblici, se eseguono lavori con la propria organizzazione di impresa, devono essere qualificati secondo quanto previsto dall’articolo 40 del codice e dall’articolo 79, comma 7, del presente regolamento, con riferimento ai lavori direttamente eseguiti ed essere in possesso dei seguenti ulteriori requisiti economico-finanziari e tecnico-organizzativi:
  2. a) fatturato medio relativo alle attività svolte negli ultimi cinque anni antecedenti alla pubblicazione del bando non inferiore al dieci per cento dell’investimento previsto per l’intervento;
  3. b) capitale sociale non inferiore ad un ventesimo dell’investimento previsto per l’intervento;
  4. c) svolgimento negli ultimi cinque anni di servizi affini a quello previsto dall’intervento per un importo medio non inferiore al cinque per cento dell’investimento previsto per l’intervento;
  5. d) svolgimento negli ultimi cinque anni di almeno un servizio affine a quello previsto dall’intervento per un importo medio pari ad almeno il due per cento dell’investimento previsto dall’intervento.
  6. In alternativa ai requisiti previsti dal comma 1, lettere c) e d), il concessionario può incrementare i requisiti previsti dal medesimo comma, lettere a) e b), nella misura fissata dal bando di gara, comunque compresa fra 1,5 volte e tre volte. Il requisito previsto dal comma 1, lettera b), può essere dimostrato anche attraverso il patrimonio netto.
  7. Se il concessionario non esegue direttamente i lavori oggetto della concessione, deve essere in possesso esclusivamente degli ulteriori requisiti di cui al comma 1, lettere a), b), c) e d).
  8. Qualora il candidato alla concessione sia costituito da un raggruppamento temporaneo di soggetti o da un consorzio, i requisiti previsti al comma 1 devono essere posseduti complessivamente, fermo restando che ciascuno dei componenti del raggruppamento possegga una percentuale non inferiore al dieci per cento dei requisiti di cui al comma 1, lettere a) e b).
  9. Qualora, ai sensi dell’articolo 153 del codice, sia necessario apportare modifiche al progetto presentato dal promotore ai fini dell’approvazione dello stesso, il promotore, ovvero i concorrenti successivi in graduatoria che accettano di apportare le modifiche, devono comunque possedere, anche associando o consorziando altri soggetti, gli eventuali ulteriori requisiti, rispetto a quelli previsti dal bando di gara, necessari per l’esecuzione del progetto.