Si segnala la recente pronuncia del Consiglio di Stato n. 7419, resa il giorno 08.11.2021, per la significativa e rigorosa presa di posizione sulla valutazione d’illegittimità sull’operato della Commissione a causa della rilevata incompatibilità del Presidente per violazione del principio di necessaria separazione tra fase regolatoria e fase attuativa.

In relazione a tale principio, la giurisprudenza amministrativa ha chiarito che “il [suo] fondamento è di stretto diritto positivo, e va rinvenuto” nell’articolo 77, comma 4, del Dlgs 50/2016[1]:

I commissari non devono aver svolto né possono svolgere alcun’altra funzione o incarico tecnico o amministrativo relativamente al contratto del cui affidamento si tratta. La nomina del RUP a membro delle commissioni di gara è valutata con riferimento alla singola procedura”.

La discrezionalità interpretativa della necessaria terzietà tra il soggetto che predispone la legge di gara ed il soggetto che poi viene chiamato ad applicare queste regole è stata ampiamente discussa dalla giurisprudenza nel corso degli ultimi anni, soprattutto in ragione della composizione della Commissione giudicatrice e della posizione del RUP all’interno del procedimento amministrativo d’appalto – temi già diffusamente trattati da varie angolazioni nei nostri articoli: Nuove linee guida ANAC n. 3: il RUP in Commissione?; Valutazione offerta tecnica: il RUP non può sostituirsi alla Commissione; L’operato della Commissione giudicatrice e dei membri che la compongono: le ultime pronunce in materia; Composizione della commissione legittima se la maggioranza dei commissari è “esperto”.

È opportuno evidenziare che l’orientamento maggioritario della giurisprudenza amministrativa ritiene che non esista un’incompatibilità automatica fra il ruolo di RUP e quello di commissario, in aderenza alla ratio del secondo periodo della norma in parola, secondo la quale, appunto, tale nomina “è valutata con riferimento alla singola procedura[2]” e la cui valutazione “oggettiva e imparziale[3]” è rimessa alla stazione appaltante.

Dunque, in generale, non si può stabilire a priori una netta linea di separazione fra i soggetti che possono partecipare alla predisposizione delle regole di gara e, anche, all’applicazione delle stesse. A riguardo e nel pacifico rispetto dei principi di trasparenza e neutralità posti “a garanzia del diritto delle parti ad una decisione adottata da un organo terzo ed imparziale mediante valutazioni il più possibile oggettive, e cioè non influenzate dalle scelte che l’hanno preceduta[4], proponiamo un approfondimento sulla recente evoluzione interpretativa.

In materia, l’orientamento più restrittivo ed invero minoritario, si rinviene nella deliberazione ANAC n. 760, resa il 04.09.2019, da cui si ricava un’applicazione strettamente formale della norma, cioè una rigida distinzione fra fase di preparazione della documentazione di gara e fase di valutazione delle offerte in essa presentate, posta a garanzia della neutralità del giudizio, ai sensi della quale non sarebbe mai conforme alla norma che uno stesso soggetto partecipi ad entrambe le fasi senza compromettere la legittimità della composizione della Commissione.

Di segno opposto è l’approccio del Consiglio di Stato, il quale ha ribadito più volte che “una siffatta incompatibilità per motivi di interferenza e di condizionamento non può sussistere tra chi ha predisposto l’avviso pubblico e chi ha verificato la documentazione di gara[5]” e che “la norma contenuta nell’art. 77, comma 4, del d.lgs. n. 50 del 2016 può essere interpretata nel senso che l’eventuale incompatibilità debba essere comprovata, sul piano concreto e di volta in volta, sotto il profilo dell’interferenza sulle rispettive funzioni assegnate al dirigente ed alla Commissione[6]”.

L’approccio estensivo del supremo organo di giustizia amministrativa vede una parziale e progressiva evoluzione alla luce delle sue più recenti pronunce.

Di limitato rilievo è la sentenza n. 144, resa in data 05.01.2021, nella quale viene specificato che l’ipotesi di incompatibilità sussisterebbe in “situazioni in cui l’incarico di commissario è assunto da soggetti chiamati ad esercitare funzioni “attivenell’ambito della stessa gara (responsabile unico del procedimento, soggetti che abbiano materialmente partecipato alla redazione degli atti di gara, dirigente del settore interessato chiamato ad effettuare verifiche formali sul contenuto dei medesimi atti e simili)[7]”.

Risulta, poi, particolarmente interessante la già citata sentenza n. 7419/2021, in cui viene effettivamente rilevata l’incompatibilità fra soggetti che predispongono le regole di gara e soggetti che applicano le stesse; il Consiglio di Stato, infatti, aderisce ad un’interpretazione più rigorosa, rispetto alle precedenti e riconosce che “risulta integrata la fattispecie di incompatibilità posta dall’art. 77, comma 4, D. Lgs. n. 50/16, stante la concentrazione in capo alla medesima persona delle attività di preparazione della documentazione di gara, implicante la definizione delle regole applicabili per la selezione del contraente migliore, e delle attività di valutazione delle offerte, da svolgere in applicazione delle regole procedurali all’uopo predefinite[8].

Occorre sottolineare come, nel caso in esame, risulti centrale il momento della sottoscrizione degli atti del procedimento, in quanto questa ha svolto «una funzione identificativa ed impegnativa, consentendo di individuare l’autore dell’atto e imputando in capo a questi la responsabilità derivante dalla sua adozione[9]» e ha dato luogo alla partecipazione sostanziale alla redazione delle regole di gara dello stesso soggetto che poi ha assunto il ruolo di Presidente della Commissione[10]. Pertanto, viene rilevata l’incompatibilità del Presidente della Commissione e dichiarata irregolare la composizione della stessa in ragione della “violazione del principio di necessaria separazione tra fase regolatoria e fase attuativa[11]”.

Il panorama interpretativo dato dalla giurisprudenza amministrativa all’applicazione del principio di separazione nelle fasi di gara rimane, quindi, estremamente variegato e mutevole, e, per quanto la sentenza n. 7419/2021 prospetti un’evoluzione più restrittiva del dettato di cui all’art 77 co. 4, tutt’ora non si può affermare che il Consiglio di Stato si sia uniformato alla rigorosa interpretazione sostenuta dall’ANAC.

Pertanto, non essendo stata ancora raggiunta chiarezza a livello normativo, possiamo affermare che non si è ancora consolidata una incompatibilità automatica in materia e, quindi, la Stazione Appaltante deve continuare a valutare, relativamente alla singola procedura e sotto il profilo dell’interferenza delle rispettive funzioni, la compatibilità della nomina a commissario per i soggetti che hanno partecipato in concreto all’elaborazione degli atti di gara ponendo particolare attenzione alle ultime indicazioni date dal Consiglio di Stato, ossia l’ipotesi di incompatibilità qualora i soggetti abbiamo esercitato “funzioni attive” e qualora abbiano sottoscritto, ovverosia abbiano fatto propria, la documentazione di gara.

 

 

 

[1] Consiglio di Stato, sez. V, 17 aprile 2020, n. 2471

[2] vedi sopra

[3] Cons. Stato, sez. V, 11 settembre 2019, n. 6135.

[4] Cons. Stato, sez. V, 27 febbraio 2019, n. 1387.

[5] Cons. Stato, sez. V, 11 settembre 2019, n. 6135

[6] ibidem

[7] Consiglio di Stato, sez. V, 5 gennaio 2021, n. 144

[8] Consiglio di Stato, sez. V, 6 novembre 2021, n. 7419

[9] ibidem

[10] Pertanto, diversamente da quanto argomentato dal Tar, la sottoscrizione dei provvedimenti in esame avrebbe determinato l’integrazione della causa di incompatibilità di cui all’art. 77, comma 4, D. Lgs. n. 50/16, facendosi questione di soggetto che, con la propria sottoscrizione, avrebbe assunto la paternità dei relativi atti, e, dunque, la correlata responsabilità giuridica, in tale modo intervenendo nella medesima procedura concorsuale e definendo quelle regole che non avrebbe potuto successivamente applicare in qualità di componente della Commissione di gara.

[11] ibidem